24 Giu 24/6 Le misure anti-covid dell’UE per sostenere la liquidita’ delle imprese – 2
Il ruolo delle banche per concedere liquidità alle imprese colpite dalla crisi
Per far si che le misure varate e i fondi stanziati dall’UE e dal governo italiano arrivino davvero in tasca alle imprese, c’è bisogno delle banche. Rispetto alla crisi del 2008, l’UE è intervenuta meglio e più velocemente, mettendo in campo risposte adeguate per garantire che il settore bancario europeo fosse in grado di finanziare subito imprese e famiglie.
“Mai come oggi – afferma quindi Giovanni Sabatini, Direttore generale di ABI – gli interessi di imprese e banche sono convergenti. I problemi di oggi delle imprese, infatti, saranno i problemi di domani delle banche e per questo le istituzioni bancarie hanno tutto l’interesse a erogare i finanziamenti per tenere in piedi le aziende, evitando così di riempirsi la pancia di crediti deteriorati”.
In prospettiva, però, secondo l’ABI sarà importante che le autorità europee procedano ad un phase out delle misure adottate sufficientemente lungo, a cominciare dagli interventi che facilitano le moratorie.
Di futuro condiviso tra banche e imprese e di preoccupazioni per la prossima fase, parla anche Sergio Gatti, Direttore Generale di Federcasse. Tra le altre cose, infatti, Gatti sottolinea come dovranno essere adottate nuove politiche per i non performing loans (destinati inevitabilmente a crescere), mentre per quel che riguarda la tenuta complessiva socio-economica, il DG di Federcasse parla di un “debito pubblico produttivo” capace di generare sviluppo, evitando così che l’aumento della spesa di oggi si trasformi in un’eredità avvelenata per le prossime generazioni.
Gli operatori che si rivolgono alle banche, però, non sono tutti uguali e hanno esigenze diverse. Le micro e piccole imprese infatti, spesso non vanno in banca ma preferiscono rivolgersi ai confidi. E di questa platea parla Gianmarco Dotta, Presidente di Assoconfidi, che sottolinea come in questa fase i confidi possano generare due vantaggi:
- Intercettare imprese di taglia piccolissima, che se non sarebbero tagliate fuori dalle misure varate;
- Operare come acceleratore della garanzia privata per far arrivare subito i soldi in tasca alle imprese per finanziamenti già decisi ma per i quali servono tempi più lunghi (come nel caso della cassa integrazione o dell’ecobonus).
A lamentare una eccessiva lungaggine e complessità degli strumenti messi in campo per la liquidità, sono invece le imprese. Secondo un campione intervistato da Cna, infatti, i ⅔ delle aziende lamenta un’eccessiva lentezza e afferma di essere ancora in attesa di risposte. A fornire i dati è Mario Pagani, Responsabile del Dipartimento Politiche industriali di Cna Nazionale secondo cui il vero problema dell’Italia non è tanto la dimensione media delle aziende (sostanzialmente in linea con quella degli altri paesi europei, sottolinea Pagani), bensì la messa a punto di strumenti più difficili da usare. Secondo Cna, quindi, una delle priorità deve essere quella di innovare le modalità di accesso agli interventi pubblici.
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Le posizioni degli eurodeputati italiani
Se sulle misure varate dall’UE il giudizio unanime è abbastanza positivo (si tratta in effetti di interventi che mettono in campo una potenza di fuoco mai vista prima), i distinguo emergono su quello che ci attende nel medio periodo.
Brando Benifei, (Capo delegazione PD) punta l’attenzione sull’ampliamento delle risorse proprie dell’UE, in modo da garantire una sostenibilità nel medio termine a questo piano. I primi bacini da cui attingere – secondo Benifei – dovrebbero essere la carbon tax e la web tax. Ma per la tenuta del sistema produttivo europeo sarà anche fondamentale tutelare le catene globali del valore, evitando che in questa fase di emergenza i fornitori e subfornitori europei vengano rimpiazzati da aziende extra-Ue.
Antonio Rinaldi (Europarlamentare Lega in Commissione ECON) e Raffaele Stancanelli (Vice Presidente della Commissione Giuridica, Fratelli d’Italia), invece, esprimono preoccupazione per cosa succederà finita l’attuale fase di emergenza. Secondo entrambi, infatti, non si può tornare alle vecchie regole del passato (in primis patto di stabilità e normative sugli aiuti di stato) caratterizzate da un insieme di lacci e lacciuoli troppo stringente. Se così fosse, il rischio – sottolineano gli eurodeputati – sarebbe che, superata la prima emergenza, imprese e famiglie non riescano a superare invece i prossimi mesi tornando ad essere gravati da regole troppo rigide.
Tiziana Beghin (Capo delegazione del Movimento 5 Stelle) evidenzia invece la vittoria dell’Italia di aver ottenuto una sorta di “indice covid” come criterio da usare per allocare le risorse (sulla base cioè dei danni e delle necessità create dalla pandemia e non su altri criteri). In questo modo per la prima volta l’Italia non sarà più un contributore netto, bensì il Paese probabilmente più privilegiato per ricevere i fondi stanziati. Quanto al futuro, rispondendo ad una preoccupazione sollevata dal collega Rinaldi sul pericolo che il green deal possa cancellare posti di lavoro, Beghin sottolinea invece come la svolta green e digital sia l’unica strada per mantenere competitiva l’industria europea.
SURE e politiche industriali, infine, sono i due focus di Massimiliano Salini (Forza Italia, Membro delle Commissioni Trasporti e Industria). Sul primo Salini sottolinea come SURE possa essere usato non solo per finanziare la cassa integrazione, ma anche come investimento per il futuro agendo sulle politiche attive per il lavoro che però, secondo l’eurodeputato, in Italia non ci sono. Per quanto riguarda il cambio di paradigma industriale che sarà causato dal green deal, invece, il pericolo è un atteggiamento naif dell’UE che non tenga conto delle esigenze di politica industriale alcuni settori cruciali, come il siderurgico o la chimica.
Fonte: Cristina Petrachi/Fasi.biz