15 Mar Brexit: attenzione agli sviluppi per il nostro agroalimentare
Nell’incertezza degli esiti che avrà la Brexit, visto che nella giornata di ieri Theresa May ha ricevuto dal Parlamento inglese una mozione che le consentirà di chiedere all’Ue un rinvio “breve” della Brexit dal 29 marzo al 30 giugno, si deve registrare il forte incremento del 2% sulla base dei dati Istat relativi al 2018 dell’export agroalimentare italiano in Gran Bretagna. Un giro d’affari da 3,4 miliardi di euro di Made in Italy – circa il 6% dell’import totale agroalimentare del paese di Albione – che rischia di venire seppellito da nuovi dazi e ritardi doganali che scatterebbero con il nuovo status di Paese Terzo rispetto all’Unione Europea. Pesa anche la corsa degli inglesi verso beni che si temono diventeranno merce rara o eccessivamente costosa, ma che interessa relativamente beni per propria natura deperibili.
Leader il Prosecco, con 348 milioni di euro su quasi 827 milioni del comparto vinicolo in generale; ma altrettanto interessanti i numeri di ortofrutta fresca e trasformata come i derivati del pomodoro con 234 milioni, pasta, formaggi e olio d’oliva. E perfino settori più di nicchia come “acquaviti-liquori” e acque minerali-gazzose hanno avuto performance del +31% e +20% rispettivamente. Senza accordo sulla Brexit la tutela giuridica dei marchi (prodotti a indicazioni geografica e di qualità Dop/Igp) che incidono per circa il 30 per cento sul totale dell’export agroalimentare Made in Italy sarà fortemente a rischio da parte di concorrenza sleale di prodotti di imitazione. Occorre quindi seguire con attenzione lo svolgersi degli eventi, ma sembra scongiurarsi il pericolo di una uscita “Hard” cioè senza accordo alla luce delle decisioni prese dalla Gran Bretagna che ora attendono un riscontro positivo dai 27 dell’Unione Europea.