05 Gen Il 2021 sarà l’anno della regolamentazione di Internet?
(di Eduardo Lubrano). Internet: nel 2021 la regolamentazione? Già ma in che senso? E da parte di chi? Di un organismo terzo, super partes davvero che abbia il compito e sappia realmente educare le persone ad un uso del web sereno? Che sappia dare gli strumenti per riconoscere le famigerate fake news? Che sappia spiegare a tutti – per esempio – che certe categorie professionali non possono per legge (almeno in Italia) farsi pubblicità in alcun modo? Un organo che sappia indicare anche rispetto a certi temi come la sanità, cosa cercare e come farlo su Internet?
Se è tutto questo ed altro in questo senso allora ben venga la regolamentazione. Ma se dovessero essere i governi a dettare le regole allora il discorso cambierebbe e di molto: il discorso si farebbe difficile e pericoloso come una sottile lastra di ghiaccio. Inutile girare intorno alla questione: il rischio della censura – che già diversi paesi con un atteggiamento poco trasparente hanno nei confronti della comunicazione col resto del mondo – è molto forte. E questo a nessun livello andrebbe bene.
“Internet ha retto e aiutato la società a superare un periodo traumatico. Gli dobbiamo rispetto per il suo straordinario servizio. Che va regolamentato. Ma per quanto sia chiaro che qualcosa deve essere fatto per affrontare tutte queste sfide attuali, è altrettanto chiaro che deve essere fatto in un modo che sia adatto allo scopo per Internet e per l’era digitale“. Lo scrive Konstantinos Komaitis è il Senior Director of Policy Strategy and Development della Internet Society, una piattaforma Insights che fornisce una comprensione più profonda di Internet. Esamina le tendenze, genera rapporti e racconta storie guidate dai dati sull’evoluzione di Internet.
Nel post ripreso anche da EuroNews – Komatis scrive: ”Internet potrebbe ragionevolmente affermare di essere il campione globale di resistenza del 2020. Non solo è riuscito a rimanere resistente e a rimanere operativo durante una delle peggiori pandemie della storia moderna, ma ha anche permesso alle società di continuare a funzionare. In effetti, si potrebbe dire che Internet era pronto per COVID-19 mentre i governi, per la maggior parte, non lo erano”. E forse anche le persone che si sono trovate costrette a cambiare il loro sistema di lavoro, si sono adeguate.
Il valore duraturo di Internet, aggiunge Komatis – è un fatto che è stato ripetutamente riconosciuto dai legislatori europei, anche quando hanno esposto le loro motivazioni per il Digital Services Act e il Digital Markets Act, nuova legislazione che i commissari stanno paragonando alle “regole del traffico” progettate per regolare i contenuti e il business online.
Il punto
La regolamentazione di Internet è stata in cima all’agenda politica di ogni governo; dagli Stati Uniti all’Europa, dall’Europa all’Africa e all’Asia-Pacifico. Internet è stata talmente integrata nel meccanismo politico che la regolamentazione è ormai un’inevitabilità. Anche in Italia, quando giurò il governo Conte-bis una delle novità più attese, fu quella della Ministra Pisano a cui fu affidato il dicastero dell’Innovazione con l’incarico di lavorare al miglioramento della digitalizzazione del Paese. Un processo lungo che ancora non può essere valutato anche se siamo indietro.
“Le preoccupazioni sono, per la maggior parte, legittime – scrive sempre Komaitis – : la disinformazione ha spinto le democrazie vicino a un punto di rottura e, in qualche modo, potrebbe determinare il successo o il fallimento del vaccino COVID-19. Una nuova conversazione sulla concorrenza è attesa da tempo, così come la questione se alcune delle norme giuridiche esistenti siano sufficienti per affrontare i monopoli e la concentrazione del mercato online. Trovare un equilibrio tra sicurezza e protezione richiede una rapida soluzione. Il regolamento promette di risolvere tutto questo”.
Le preoccupazioni
Il risultato di un sondaggio condotto ad inizio dicembre da YouGov per conto della Internet Society è che oltre due terzi delle persone (67%) non crede che i politici sappiano realmente come funziona Internet tano da poter scrivere leggi che lo regolino.
Su questo Komaitis dice :”Il fatto che questa preoccupazione esista non significa che la regolamentazione non debba avvenire. Ma indica che la regolamentazione non può andare avanti sulla base di argomentazioni sensazionalistiche o di strumenti inadeguati. Troppo spesso la regolamentazione di Internet viene presentata come una panacea per tutti i mali; dal linguaggio abusivo alle frodi online.
Ma Internet è un ecosistema e, come ogni ecosistema, è diverso, complesso e dinamico. Si basa su alcuni principi fondamentali di progettazione che sono alla base di Internet sin dalla sua nascita. La regolamentazione deve sostenere questi principi e garantire che non crei conseguenze indesiderate per il modo in cui comunichiamo online. Per questo l’Internet Society ha creato l’Internet Impact Assessment Toolkit che riteniamo aiuterà i legislatori a creare leggi senza causare danni all’ecosistema”.
Il Digital Services Act – è il pensiero di Komaitis – può contenere o meno elementi che potrebbero danneggiare Internet; bisogna leggere le clausole in piccolo. Quello che sappiamo è che il DSA promette di fare per la concorrenza e gli intermediari quello che il GDPR ha fatto per la privacy: stabilire regole che poi stabiliscano uno standard globale per la regolamentazione delle piattaforme. Ci si aspetta che influisca sulle imprese di tutto il mondo e che richieda alcuni drastici cambiamenti nei loro modelli di business. Questo potrebbe anche influire sull’architettura di base di Internet.
“Come saranno applicate le nuove regole? E quali misure dovranno adottare le aziende saranno fondamentali nel determinare i livelli di partecipazione e di conformità”.
Per chiudere
Dunque l’anno che verrà dovrebbe essere proprio quello che finalmente metterà un punto fermo nelle regolamentazioni nazionali ed europee, ma anche globali per l’uso corretto, sicuro e definitivo di Internet. Ecco le conclusioni di Komaitis:”Se c’è una lezione da trarre dal GDPR è come la mancanza di chiarezza e i costi di conformità possano complicare e rendere difficile l’attuazione. L’UE lo ha ammesso. Tenerlo presente è fondamentale, poiché le aziende inizieranno a utilizzare strumenti per conformarsi alle regole della DSA. Dovremmo rimanere consapevoli di come tali strumenti possano essere creati, da chi e quanto possano essere efficaci.
Si consideri, ad esempio, l’uso di strumenti algoritmici per la moderazione dei contenuti, che era un obiettivo politico della direttiva sul diritto d’autore dell’anno scorso e che da allora è stato implementato per altre forme di contenuti illegali. Il DSA richiederà una qualche forma di moderazione dei contenuti per conto delle piattaforme. Gli strumenti algoritmici pongono delle sfide, tra cui, ma non solo, il modo in cui possono influire negativamente su Internet come rete aperta, interoperabile e di uso generale.
Agli utenti potrebbe essere potenzialmente negato l’accesso ai contenuti necessari per scopi educativi o di ricerca. I filtri automatici sono stati responsabili della rimozione di contenuti perfettamente legittimi che si riferiscono a crimini di guerra o persino a discorsi legittimi. Ciò potrebbe influire sull’innovazione e sulla creatività, che è uno dei principali obiettivi che la DSA si prefigge di raggiungere”.
Fonte: Eduardo Lubrano – Impakter.it